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Gli dei di Darraj – Osservazione comparata, di Laura MacLem

Ormai non ho molto tempo per leggere. Nonostante abbia praticamente smesso di usare Facebook, il lavoro e la vita da mamma sempre di corsa mi rendono difficile sedermi un poco e rilassarmi con un buon libro tra le mani. Diciamo però che capita di trovarsi qualche volta con una storia che fin dalle prime righe non ti vuole mollare. E che si fa? Si legge, punto e basta.

Avevo bisogno di immergermi in un romanzo come questo perché era davvero troppo tempo che non venivo trascinata in questo modo.

La trama vede come protagonista Kim, una “medica senza galassie”, nel senso che è una viaggiatrice interstellare di razza (suppongo) homo sapiens la quale compie missioni su vari pianeti portando nozioni mediche avanzatissime e di fatto tentando di migliorare le comunità che incontra. Una specie di Gino Strada versione rock, giovane e spaziale, per intenderci.

A causa di un incidente Kim finisce su un pianeta che non conosce, in una zona che dovrebbe essere disabitata ed invece viene a contatto con la fiorente civiltà del regno di Darraj, una sorta di commistione tra Egitto, Antica Grecia e -forse – qualcosa che ricorda l’Antica Persia.

Qui l’incontro/scontro con l’erede al trono di Darraj, Harago (sì, si chiama come il cattivo dei Cinque Samurai, no non è brutto e antipatico come lui, aaanzi…) determina per la ragazza l’inizio di un’esperienza nuova persino per lei, forgiata da decine di missioni. Kim assiste alla fine di un’era, ad un cambiamento epocale che suo malgrado la vede prima ispiratrice e poi perno degli accadimenti, in un modo che lei stessa non avrebbe mai pensato: scambiata per la misericordiosa dea Pashupati, soave incarnazione di quanto di buono c’è al mondo, finisce al centro di uno scontro di poteri che coinvolge uomini e dei, con una casta sacerdotale agguerrita e terribile, gli intrighi di palazzo per tenere in scacco i regni alleati (che poi così tanto alleati non sono), ma soprattutto la faticosa lotta di una intera civiltà per progredire ed il titanico sforzo di un eroe che vuole per davvero il bene della sua gente.

Il primo pregio che troverete in questo libro è una costruzione ambientale minuziosa e affascinante. Darraj vive e respira nelle parole di Laura e sembra di attraversarne le strade, assaggiarne i sapori, odorarne i profumi approfondendone la conoscenza pagina dopo pagina. L’impianto del romanzo, che ricordiamo essere fantascientifico, sfuma nel fantasy mitologico. La mitologia, su cui la storia prende piede e si eleva, è molto ben congegnata: nelle divinità di Pashupati e Melmoth risuona un’eco di Ade e Persefone (forse voluta?) che l’autrice è stata in grado di farmi amare immensamente in Regina di Fiori e Radici, ma discreto spazio hanno anche il Leone Dorato, volto guerriero della dea, e poi il dio dei mari ed il Re dei Cieli… e senza voler spoilerare troppo vi dico che tutti, in un modo o nell’altro, mostreranno uno dei propri volti.

Il terzo pregio è la caratterizzazione dei personaggi: Kim non è la fanciulla perfetta, la damigella da salvare, la svenevole di turno. È una ragazza moderna che ama gli altri, detesta la violenza e fa abbondante uso di turpiloquio. E deve lottare con la propria empatia, che la porta ad affezionarsi e le rende difficoltoso il distacco necessario per interrompere la missione…naturalmente non c’entra nulla un certo Harago, un figo che non se ne vedono da qui ad Aldebaran di sicuro, ma anche coraggioso, generoso, intelligente, sensibile senza volerlo apparire e insomma un QUANDO TE RICAPITA scritto a caratteri cubitali tra le stelle. C’è una postilla, in realtà, e cioè che il ragazzuolo è leggermente maledetto ed ha dovuto seppellire sette mogli perché sembra che Melmoth ce l’abbia con lui per non essere diventato una vittima sacrificale grazie all’affetto e alla lungimiranza del re padre, ma insomma, nessuno è perfetto…no?

Attorno a loro si muovono una quantità di comprimari tutti profondamente delineati, tra i quali spiccano Aktia, un ragazzino che Kim ha salvato appena arrivata a Darraj, dotato del dono di vedere gli spiriti, che sarà determinante per la lotta finale contro le forze di Melmoth, e poi Kengha, l’Uomo Leone, un altro viaggiatore stellare ed unica speranza per Kim di tornare a casa. Ma non si possono dimenticare i fratelli di Harago, il sacerdote di Pashupati ed infine la grande antagonista del principe, la sacerdotessa di Melmoth che sembra ordire la più terribile delle trame, anche se forse non sempre l’orrore si trova dove è facile volgere lo sguardo.

Il quarto pregio è – ma questa non è una novità – lo stile di Laura, che ne fa ai miei occhi una delle scrittrici di maggior talento che conosca. Riesce a infiocchettare una descrizione vivida e piena di poesia, poi ti sorprende con una punta di humor, poi ti avvolge con la grandiosità di una battaglia o l’epicita’ di un racconto mitologico e poi ti affascina con un momento di introspezione, ti fa conoscere uno ad uno i suoi personaggi al punto che quando il libro si conclude…ti mancano.

Il quinto pregio è che c’è la storia d’amore, ma non è solo una storia d’amore. In ballo c’è qualcosa di più grande, un valore immenso che poi è la cifra della evoluzione umana: la non violenza, in un certo senso.

Il sesto pregio è il finale, che naturalmente non vi svelo, ma che per me è stato altamente soddisfacente, il punto in cui fantascienza e fantasy si fondono e i richiami attraverso tutto il libro trovano un certo compimento e spiegazione…senza dire tutto.

Il settimo pregio è…la capretta. Ma se vorrete sapere di più su di lei e sul cosiddetto uomo che lancia le capre dovete affrettarvi a fare la cosa più sensata. Procuratevi questo libro e godetevelo, date retta a una zitella, un sogno ad occhi aperti così non capita di frequente.

L’illustrazione in copertina è di Serena M. Marenco

Il buio oltre la siepe, di Harper Lee

Dunque, dal giorno di Natale sono orgogliosa proprietaria di un e-book reader. Sì lo so, l’oggetto-libro è meraviglioso e il profumo della carta vabbe’ e il fruscio delle pagine mammasantissima, però se hai una casa grande quanto quella dei puffi e puoi leggere qualcosa solo ed esclusivamente dalle nove di sera in poi in una stanza buia e dopo aver recitato a memoria “Topo Tip fa la nanna”…credetemi è l’unica soluzione.

Come primo libro ho acquistato “Il buio oltre la siepe”, di Harper Lee, un classico che volevo leggere da moltissimo tempo.

Lo dico agli scostumati tipo me che rimandano sempre ed hanno questo testo tra ciò che leggeranno “prima o poi”: mettetelo in cima alla lista, vi state perdendo un capolavoro.

Siamo a Maycomb, in Alabama, negli anni Trenta. La piccola Jean Luise, detta Scout, e il fratello maggiore Jem sono orfani di madre, ma vivono con il padre Atticus Finch che fa l’avvocato ed è un uomo di grandissima rettitudine e sensibilità. I bambini crescono serenamente in un mondo fatto di giochi, baruffe, piccole lezioni di vita mentre osservano con divertito distacco il mondo adulto rappresentato dal vicinato, finché la tranquillità della cittadina non viene sconvolta dal fatto che Tom Robinson, un bracciante di colore, venga ingiustamente accusato di avere violentato una ragazza bianca. La questione razziale emerge allora prepotentemente nella narrazione: Atticus prende le difese del nero e ne paga lo scotto con la disapprovazione dell’intera comunità che vuole un capro espiatorio. La strada verso il giusto processo si fa dura e loro malgrado anche i bambini restano coinvolti nella vicenda, toccando con mano una dimensione fino ad allora sconosciuta: l’ingiustizia fine a se stessa.

Era tantissimo tempo che non leggevo un romanzo scritto in maniera così limpida. Ricordo praticamente tutto: i nomi, le descrizioni, le sensazioni. Eppure l’ho terminato da oltre una settimana. La scrittura di Harper Lee scorre che è un piacere e, senza mai apparire pedante, resta sotto la pelle del lettore perché nel descrivere una situazione esplicitamente è in grado di veicolare molte informazioni implicite, rendendo questa lettura multilivellare. La caratterizzazione dei personaggi è puntuale ed accattivante, la protagonista è una bimbetta vivace e brillante con il cui punto di vista è davvero piacevole identificarsi.

I temi trattati sono enormi: la giustizia, le distanze sociali, la non-violenza in un mondo che ti spinge nell’opposta direzione, con il Bene incarnato da Atticus Finch, un uomo incredibilmente mite all’apparenza, ma che al momento giusto sa tirare fuori un’arsenale di qualità inaspettate.

Insomma, so che molti/e di voi avranno già letto questo libro da tempo, ma, se così non fosse fate un favore a voi stessi/e e recuperatelo, potrebbe essere un faro capace di rischiarare questi tempi nostro malgrado troppo cupi.

Benvenuto Ottobre!

Mia mamma mi racconta che quando era piccola lei, le scuole cominciavano soltanto oggi. Poiché sarebbe il giorno di San Remigio, i bambini che si apprestavano a tornare tra le mura scolastiche erano chiamati “remigini”.

Io mi sono sempre sentita un po’ “remigina” ad Ottobre, perché se Settembre è il mese delle belle intenzioni, ad Ottobre bisogna seminare per concretizzare qualcosa.

Non so se sono l’unica che semina in autunno, ma l’ho sempre apprezzato.

Dei buoni propositi che ho formulato per l’estate ho realizzato quasi tutto e sono contenta, al punto che mi è venuto in mente di pormi dei buoni propositi ogni mese, per vedere se mi è più facile portarli a termine.

I Cinque Buoni Propositi di Ottobre:

  • Anche se non è il massimo…check up completo. La salute prima di tutto, e voglio fare qualche visita di controllo, anche se sto bene. Dopo che mi hanno trovato quel valore nel sangue sparato a 4000, preferisco prevenire – anche le mie paure. Anzi, soprattutto queste.
  • Finire il libro che sto leggendo (“Memorie di una geisha”) e cominciarne almeno un altro. (Per la serie ALMENO un libro al mese).
  • Oltre al tai chi, magari nel week end, concedermi qualche camminata. Ho bisogno di ossigeno, visto che praticamente lavoro in uno sgabuzzino! (e tuttora non mi è arrivata alcuna lettera da Hogwarts!)
  • Iniziare per tempo a prepararmi per Halloween e non fare tutto l’ultimo giorno!!!
  • Cercare di equilibrare il più possibile impegni e riposo, in modo di non trovarmi mai più con le pile così scariche da mettermi a piangere!!!

Mi sembra una buona lista, fattibile. Sono soddisfatta. ^_^

october

Del perché gli Harmony sono meglio delle 50 sfumature.

E’ recente l’uscita dell’ennesima porcat…del nuovo volume ad opera della E.L. James in cui – pensate un po’ – proprio come la Meyer per Midnight Sun la nostra ha pensato bene di tirar su qualche altro soldino proponendoci la stessa trama condita, stavolta, dai pensieri di Lui. Ho ricevuto anche la proposta di leggerlo aggratisse, ma ho rifiutato: mi sono bastate le prime dieci pagine per vedere che niente era migliorato, anzi: stile sempre terrificante, su storia già letta, più deliri di giovanotto incredibilmente antipatico.

Al che mi sono ritrovata a pensare “A ridatece gli Harmony” e mi sono ricordata di un vecchio articolo che avevo scritto per Liblog che in qualche verso potrebbe essere ancora attuale, perciò ve lo propongo:

“Alzi la mano chi di voi fanciulle non hai mai ceduto alla tentazione di dare un’occhiata ad un libro Harmony. Sì, proprio loro: i famigerati libri rosa della Harlequin-Mondadori che si avvalgono di titoli dal profondo significato sociopolitico del tipo Agli ordini dello sceicco, La moglie del miliardario o – meraviglia delle meraviglie – Incanto italiano/greco/spagnolo (che non è la presentazione di un dizionario, ma l’indicazione di uno scenario esotico per l’autrice, presunta casalinga del Kentucky).

Chi è senza peccato scagli la prima pietra: io proprio non posso, i libri Harmony entrano senza vergogna in casa mia grazie alla buona volontà di mia madre, che li acquista fin da quando riesco a ricordare. Mi sono chiesta spessissimo quali siano i fattori che tengono a galla questo fenomeno dato che, diciamocelo, gli italiani non hanno fama di essere dei “lettori forti” e non stiamo parlando certo di alta letteratura. Eppure il mercato degli Harmony non dà cenni di stanchezza e io non ho ancora trovato una risposta alla mia domanda.
Andiamo ad analizzare i fattori principali, partendo dai personaggi chiave e dalla trama.

Lui si chiama Ross (o Brett o, nel malaugurato caso che sia italiano, Dante Vincenzi). Di solito è cresciuto in orfanotrofio, ma, grazie alle sue spiccate doti di intelligenza, a soli trent’anni si trova a capo di un impero economico. Non è finita: il nostro si porta a spasso un corpo statuario, un viso da favola e una quintalata di carisma che rovescia su qualsiasi donna che gli capiti a tiro. C’è poi il particolare fantascientifico, ovvero: nonostante tutte le donne gli cadano ai piedi, Dante (chiamiamolo Dante per simpatia) non ne sfiora una con un dito. È un gentiluomo, lui.

La sua galanteria va in frantumi quando incontra Lei (Elizabeth, Allison o – ahimè – Mirella detta Ella nei casi più disperati), che è di norma una timida maestra d’asilo, oppure la figlia di qualche rivale in affari e che, caso strano, è una bonazza da paura.

Nonostante la bellezza, la dolcezza e quant’altro Iddio le ha dato, Ella fino a quel momento non è riuscita ad incastrar…ad incontrare nessuno degno di lei e perciò, giunta alla veneranda età di ventiquattro anni (dopodiché, lo sappiamo tutte, sei una zitella senza speranze) ha deciso intimamente di Farla Finita Con Gli Uomini.

I due protagonisti si incontrano per una circostanza fortuita, che nella maggior parte dei casi corrisponde con una compravendita immobiliare: lui vuole sfrattare lei dalla proprietà di famiglia, oppure lei ha ereditato un terreno che lui vuole comprare a tutti i costi. Al primo sguardo i sentimenti di entrambi sono contrastanti: si odiano ma vorrebbero comunque saltarsi addosso, complice il fatto che ogni volta che si sfiorano una Scossa Elettrica li pervade lasciandoli quantomeno perplessi.

Da qui in poi le varie scrittrici escogitano mezzi al limite del ridicolo per far sì che i protagonisti siano costretti a convivere per qualche giorno: si va dai contratti-capestro secondo cui lei dovrà accompagnare lui in società per evitare che lui le rovini economicamente la famiglia, alle ultime volontà testamentarie di un nonno, fino alle catastrofi naturali come le frequenti valanghe che bloccano i nostri in una baita a Big Bear. Durante la vicinanza forzata i due cedono all’attrazione reciproca e si ha la “scena erotica”.

Mamme, se mi state leggendo, evitate accuratamente che la vostra figlioletta adolescente si riempia gli occhi delle scene di sesso contenute negli Harmony, oppure spiegate loro che quando si fa l’amore, nel mondo reale, di solito nessun vulcano esplode sotto il letto! Io ho impiegato anni ed anni per affrancarmi da queste idee malsane e se la mia esperienza può servire sono lieta di metterla a disposizione.

Ma torniamo a noi, o meglio a Dante ed Ella, che dopo aver sperimentato qualche giorno di passione sfrenata, generalmente litigano per una stupidaggine e si separano a prezzo di una segreta e immane sofferenza. Di solito è lei che lo lascia, perché ha capito di amarlo ma è sicura che lui stia con lei soltanto per il sesso (sapete com’è, se per una settimana non si è fatto altro il dubbio è legittimo). Passa un mese e Dante si presenta con il brillotto e una dichiarazione zuccherosa che di solito ci viene fatta sudare fino all’ultima pagina, insieme alla promessa (non necessaria) di quanto la vita da quel momento sarà perfetta per entrambi.

Eccoci qua. Trovatemi un Harmony che si discosti da questi cliché e sono disposta a pagarvi una pizza. E tuttavia, quando ne trovo uno per casa, l’occhio ci cade quasi sempre. Ammetto che potrei essere io ad essere affetta da gravi disturbi di personalità, ma se provo a pensarci mettendo da parte gli scherzi credo che un libro del genere possa piacere non tanto per la sua forma, ma per le sensazioni rassicuranti che evoca. Sappiamo fin dall’inizio che tutto andrà per il meglio, ed è un po’ come se continuassimo a raccontarci la fiaba di Cenerentola all’infinito (alla faccia delle femministe per cui la felicità e la realizzazione non sono certo frutto del matrimonio).

Favole moderne, ecco come si possono definire gli Harmony: ripetitive, scritte in modo discutibile (“Non ci credo!” esclamò Shelby, scuotendo la testa incredula), ma prive di qualsiasi “obbligo di pensiero coerente” per le lettrici e capaci, comunque, di creare una simpatica distrazione. Dai, siate sincere: quando il tempo è grigio, il lavoro faticoso e la noia ci assale, che male c’è a passare qualche decina di minuti sognando che Dante bussi alla nostra porta? Con buona pace della Divina Commedia.”

Ora, voi vi chiederete perché, se sono così blanda con gli Harmony, io non riesca ad essere un po’ elastica anche con la quadrilogia della James. E’ presto detto: gli Harmony non pretendono di essere ciò che non sono. Non di pubblicano articoli spacciandoli per la nuova frontiera dell’erotismo, né si fanno prendere a modello come alcunché. Si sa che sono scritti ad minchiam, al punto che spesso sembra che si prendano in giro da soli. Le autrici (spesso italianissime!) sono simpatiche, non pretendono di essere la Donna che Ha Rivoluzionato la Letteratura. E soprattutto, sembrerà strano, ma gli Harmony intrattengono 10 volte meglio di quanto non riesca a fare la quadrilogia. Pur se scritti male, pur con trame trite e ritrite, pur con personaggi stereotipati al massimo. Se fossi nella James, qualche domanda me la farei, ma quando una è impegnata a contare i propri milioni, probabilmente, non ne ha il tempo.

La misura della felicità, di Gabrielle Zevin (trad. di Mara Dompé)

Maledetta Gabrielle Zevin. No, davvero, maledettissima.

Vedo il suo libro sullo scaffale, leggo la chiosa del Washington post che mi parla di un “concentrato” di ottimismo…e perciò parto lancia in resta nella lettura di quello che, sulle prime, è un romanzo di scrittura delicata, solare. Al centro un libraio rimasto recentemente vedovo e perciò ferito e scontroso con tutti.

La sua vita sembra destinata a consumarsi lentamente tra alcool e libri polverosi finché una sera subisce il furto di un libro raro e, poco dopo, una bambina viene abbandonata nella sua libreria.

E’ l’inizio di una nuova vita, in cui A.J., questo il nome del protagonista, si apre lentamente al mondo grazie anche all’amore per Amelia, che lavora in una casa editrice e va a trovarlo sempre più spesso.

E fin qui, ci siamo.

Quello che nessuna fascetta potrà mai rendere certo, però, è come questo sia uno di quei libri che vi farà piangere e ridere e poi di nuovo piangere. A questo servo io. A dirvi che, se non lo leggerete, vi sarete persi un raro esempio di quelle storie con personaggi che da estranei ti diventano cari come amici.  E fai il tifo per loro. Gioisci con loro. Soffri, soprattutto, soffri per loro.

La parte finale, io ve lo dico, vi ammazza. Io mi sono ritrovata a frignare in mezzo alla strada, perché ho avuto la (bella?) idea di leggermene qualche paginetta mentre aspettavo che mi venissero a prendere.

Che figura.

Ma non è colpa mia se sono sensibile e se la scrittura di Gabrielle Zevin ti entra sotto pelle (fatemi usare questa espressione un po’ trita, suvvia, non vedevo l’ora!) con una leggerezza che non ti fa sospettare quanto sarà difficile staccartene “dopo”.

Non è colpa mia se A.J., Amelia, la piccola Maya dopo poche pagine ti fanno entrare nella loro famiglia, e ti contagiano con la loro comune passione per la letteratura.

La misura della felicità è un inno a tutto ciò che c’è di bello e importante nel mondo: l’amore, il rispetto, la gioia…e le storie, oh sì.

E infatti non mi sono stupita affatto quando, nei ringraziamenti, ho trovato un riferimento a Neil Gaiman…

Sono passati due giorni da quando ho chiuso il libro ed ancora sto  continuando a pensarci. Con tutte le cose che ho da fare.

Maledetta, maledettissima Gabrielle!!!

Storia di una ladra di libri, di Markus Zusak (trad. di M.G. Giughese)

Inserito il

ATTENZIONE! QUESTA RECENSIONE CONTIENE SPOILER!!!

Questa probabilmente è una della serie “recensioni inutili, dato che tutti hanno già letto il libro”, ma ci tengo lo stesso a dare il mio positivo parere su “Storia di una ladra di libri“, perché bisogna dare a Cesare quel che  è di Cesare e a Markuz Zusak ciò che è di Markus Zusak.

La cosa che mi ha colpita maggiormente  sono gli espedienti narrativi: tanto per cominciare la voce che racconta la storia è del tutto inaspettata. E’ la Morte, descritta però come tutt’altro che mostro insensibile. Una figura terza, ma non estranea. Per certi versi, materna.

La Morte ci parla di come poche persone riescano a colpirla per davvero è una di queste è Liesel Meminger, figlia di una comunista che ha dovuto lasciare la Germania Nazista e dare perciò la sua creatura in adozione. La bambina giunge così ad Himmelstrasse, nella casa degli Hubermann. Il padre, Hans, è un uomo d’animo gentile che conquista subito la ragazzina. La moglie, Rosa, è un donnone burbero e sboccato, ma anche lei mostrerà un cuore d’oro e un sincero affetto per la bambina. Liesel ha però un segreto: fin dal giorno della morte del fratellino più piccolo non può fare a meno di essere attratta dai libri. Al punto da rubarli. E quando ,con molta fatica, impara a leggere, la febbre sale ancora. I libri, le parole, sono l’unico appiglio per affrontare tutto il dolore che l’attende: il nazismo e la guerra, tanto per cominciare. La paura dei bombardamenti, quella per Max – (giovane ebreo nascosto in cantina ), le perdite che giorno per giorno costelleranno la sua vita, la fame.

Ma la Morte osserva tutto e sa che la Ladra di Libri è più forte.

La Morte anticipa e riassume alcuni fatti. Pennella situazioni. Dà ritmo al testo, un ritmo narrativo inusuale nei racconti che hanno come sottofondo la guerra e l’Olocausto.

Il libro non cede mai al pietismo, non scade nella banalità e neppure nel politicamente corretto a tutti i costi. Però il dolore si fa vivo e reale, quando c’è…come anche i momenti di felicità. Rari, ma assoluti.

E come le cose belle, come i capelli biondi di Rudy Steiner, il ragazzo della porta accanto, compagno di furti di Liesel e poi suo primo amore, anche se i due non condivideranno mai altro che un bacio, quando già le labbra del ragazzo saranno esangui.

Questo è un libro che lascia il segno e ce ne accorgiamo perché i suoi personaggi continuano a parlare DOPO la chiusura del testo, quando già tutte le lacrime che dovevano cadere sono scese. Non so se è per averlo terminato che stanotte non ho dormito bene. So che mi ha lasciato qualcosa dentro. Una lettura che merita tutta la vostra attenzione per caratterizzazioni, descrizioni e profondità.

Vitamine per lo sguardo 2

Ricordate? Questo è uno di quei post che non ha bisogno di (troppe) parole.

1.

books

Chi non vorrebbe uno scaffale così?

2.

Coccoleeeeee!!!

Coccoleeeeee!!!

 

3.

…perché il mondo è una meraviglia!

4.

…e anche le persone, benché sia diventato TROPPO di moda dire il contrario^^.

5.

E la bellezza si trova dove meno ce l’aspettiamo.

Foto trovate su FB. Non ne conosco gli autori. Se qualcuno dovesse ritenersi proprietario di una di queste immagini e non vuole che rimangano su questo blog è pregato di segnalarmelo. Grazie^^.

I libri in valigia – Parte Seconda, by Only

Visto che cominciano le ferie per chi ancora un lavoro ce l’ha, la nostra Only ci allieta con la seconda parte dell’articolo che ci consiglia accattivanti letture sotto l’ombrellone.

Only

Vi avevo promesso una seconda parte del mio articolo “I libri in valigia”, perché avevo il sentore che mi sarebbe capitato sottomano qualcos’altro di bello. E così è stato, quindi ecco qualche altro libro che ho letto nelle ultime settimane e che mi è particolarmente piaciuto!

 

THE WICKED GIRLS, Alex Marwood

Definirlo un giallo è quantomeno riduttivo, e anche un po’ fuorviante.

Il delitto, anzi più di uno, c’è, ma non è il fulcro del libro. Non almeno quello del presente: a esserlo è un delitto passato, che ha cambiato la vita di due ragazzine. Ma che forse, non è nemmeno un delitto…

Non aspettatevi il classico thriller con un omicidio, un investigatore, e una soluzione finale ineccepibile. Questo libro al cardiopalma racconta benissimo una storia molto bella ma anche, per certi versi, agghiacciante.

PATRICIA BRENT, ZITELLA, di Jenking Herbert

Un po’ di sano humour inglese in una commedia romantica decisamente sui generis, scritta e ambientata a Londra durante la prima guerra mondiale.

La giovane Patricia Brent si inventa un fidanzato, per non farsi compatire dagli ospiti della pensione in cui vive. Peccato che il finto fidanzato, prestatosi al gioco, abbia tutta l’intenzione di diventare vero…Nonostante l’apparenza frivola e un po’ sciocchina, questo romanzo delizioso viene ristampato con successo da decenni ed è ormai un vero e proprio classico inglese.

Una commedia divertente e leggera, perfetta da leggere sotto l’ombrellone.

UN CUORE ROSSO RUBINO IN UN FREDDO MARE BLU, Callan Rogers

Non mi vergogno ad ammettere che ho preso questo libro perché mi sono innamorata del titolo.

E perché era ambientato nel Maine.

Per fortuna l’ho comprato a scatola chiusa senza leggere la trama, perché se l’avessi fatto alla fine non l’avrei comprato, esulando dal mio genere, e sarebbe stato un peccato.

Il fulcro della storia è la crescita dall’infanzia all’adolescenza di Florine, dopo la scomparsa della madre. La giovane, bellissima Carlie si volatilizza nel nulla durante una vacanza con un’amica lasciando un grande vuoto (e tanti interrogativi) nei suoi familiari, ma soprattutto nella figlia ancora giovanissima.

Il libro, nonostante questa premessa, non è affatto melenso e si legge in un soffio, complice la grande capacità dell’autrice, qui nel suo romanzo d’esordio, di aver saputo creare un’ambientazione, quello di un paesino di pescatori nel Maine degli anni sessanta, che coinvolge a fondo il lettore ma fa nascere in esso anche tanta nostalgia, in quanto posti così non esistono probabilmente più.

Bene, ormai è agosto, e qualche altro buono spunto credo di avervelo dato. Non mi resta che augurare buona vacanza a tutti! Ci risentiamo a settembre con qualche recensione di…telefilm ovviamente, c’è bisogno di chiederlo?

 

I libri in valigia, by Only

I libri in valigia, by Only

Nonostante sia impegnatissima con il suo blog di moda, Only torna a trovarci con un articolo che ci aiuterà a far luce se siamo indecisi su quali letture prediligere ora che si apre il periodo delle vacanze. Ecco qui i suoi consigli di oggi. 🙂

Questo è stato, dal punto di vista delle letture, un periodo molto fortunato. Talmente fortunato che se doveste aspettare le recensioni di tutto quello che ho letto e che mi è piaciuto, stareste in attesa fino a Natale! Ho quindi deciso di buttare giù semplicemente delle idee, presentarvi quello che ho letto e che mi è particolarmente piaciuto per chissà, magari ispirarvi per dei libri da infilare in valigia durante le vacanze che spero farete.

Iniziamo con..

JOYLAND, Stephen King

Se vi aspettate dei commenti obiettivi su questo autore, siete decisamente nell’articolo sbagliato: io quest’uomo lo adoro. Eppure sono stata inizialmente spiazzata dal suo ultimo libro, uscito da noi da poche settimane. Non è il solito King: “Joyland” è sicuramente un giallo nelle intenzioni, anche se poi lo scrittore del Maine non può non essere fedele a sé stesso riportandoci un po’ sui consueti binari. Tra le pagine infatti, incontriamo un protagonista che è l’ennesima variante autobiografica del nostro autore, un bambino che possiede (forse) qualche dote soprannaturale e un’ambientazione che, come sempre quando parliamo di King, è una di quelle che non vorresti lasciare mai. La trama gialla, in tutto questo, è ben costruita, con la sua brava dose di suspense. Si legge in due giorni, rammaricandosi che non siano 800 pagine per rimanere più a lungo a Joyland.

L’AMORE IN UN CLIMA FREDDO, Nancy Mitford

L’Inghilterra che fu, e che probabilmente non esiste più. Quella fatta di dimore di campagna, di tea party e di debutti in società. Sullo sfondo, una storia spesso vera, di come l’idealizzazione di un amore sia anni luce lontana dall’amore vero. Raccontata con lo sguardo apparentemente ingenuo di Fanny, comparsa agli eventi, ma in realtà con quello smaliziato dell’autrice, che in quel mondo era  di casa. Stupendo, se amate l’atmosfera rarefatta dei salotti inglesi tutti trine e pizzi.

IL DESTINO DI HARTLEPOOL HALL, Paul Torday

Iniziamo dicendo che Paul Torday è bravissimo, e la sua inventiva nell’ideare le storie è pari solo alla sua capacità nel raccontarla. Altra dimora inglese di campagna, ma ai giorni nostri: le cose si sa, oggigiorno non vanno più così bene, anche per chi si illude di poter continuare a vivere come i suoi antenati a suon di feste, battute di caccia e rendite che non si sa bene da dove provengano. Il povero Ed, ultimo marchese di Hartlepool, lo scoprirà purtroppo a suo spese…. Consiglio nel consiglio: dello stesso autore, leggetevi anche “la ragazza del ritratto.”  Questo non è così sorprendente, ma lo stesso molto bello.

LADY SUSAN, Jane Austen

La scrittura dell’autrice di “Orgoglio e pregiudizio” qua era un po’ acerba, e si vede. Ma la Austen è sempre la Austen, quindi è assolutamente da leggere. Poi ora lo trovate nella nuova edizione Newton e compton nei supermercati e costa solo 0,99 centesimi, quindi non avete scuse!

IL DIO DI GOTHAM, Faye Lindsay

Durante la lettura di questo libro ho fatto di tutto: ho pianto, mi sono orripilata, ho preso a testate il muro. Perché questo “finto” giallo, che è in realtà uno spaccato della New York in divenire di metà ottocento, è scritto talmente bene che trasmette una serie di sentimenti contrastanti. La storia raccontata è forte, specie per chi è mamma di un bimbo piccolo come la sottoscritta, ma è scritta talmente bene che vale la pena in ogni caso. Male che vada, prenderete a testate qualche muro!

Per ora mi fermo qui. Di titoli interessanti ne sto leggendo e ne leggerò altri in questi giorni. Periodo fortunato, ve l’ho detto. Quindi a presto con, spero, altre cosucce accattivanti.

Pensiero Felice 89/1000

Inserito il

Devo dire di aver ripreso a leggere ad un ritmo decente. Il mio pensiero felice di oggi, infatti, è la pila di libri sul mio comodino (che sta assumendo l’altezza della Torre di Pisa). Volete sapere qualche titolo?

Ebbene, di prossima lettura ci sarà:

Barbablù – di Amelie Nothomb

La Trilogia di “The Hunger Games“, di Suzanne Collins

Tim – di Colleen McCoullough (che in realtà è una rilettura ma ai tempi di carlo Magno, quando lo lessi, mi piacque moltissimo. E sì, so usare il passato remoto).

Cose da Salvare in caso di Incendio di Tanner Hayley

Rosemary’s Baby, di Ira Levin (!!!)

e molti, molti altri…e ne approfitto per chiedervi se avete qualche consiglio interessante. Voi che libro state leggendo?

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