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Gli dei di Darraj – Osservazione comparata, di Laura MacLem

Ormai non ho molto tempo per leggere. Nonostante abbia praticamente smesso di usare Facebook, il lavoro e la vita da mamma sempre di corsa mi rendono difficile sedermi un poco e rilassarmi con un buon libro tra le mani. Diciamo però che capita di trovarsi qualche volta con una storia che fin dalle prime righe non ti vuole mollare. E che si fa? Si legge, punto e basta.

Avevo bisogno di immergermi in un romanzo come questo perché era davvero troppo tempo che non venivo trascinata in questo modo.

La trama vede come protagonista Kim, una “medica senza galassie”, nel senso che è una viaggiatrice interstellare di razza (suppongo) homo sapiens la quale compie missioni su vari pianeti portando nozioni mediche avanzatissime e di fatto tentando di migliorare le comunità che incontra. Una specie di Gino Strada versione rock, giovane e spaziale, per intenderci.

A causa di un incidente Kim finisce su un pianeta che non conosce, in una zona che dovrebbe essere disabitata ed invece viene a contatto con la fiorente civiltà del regno di Darraj, una sorta di commistione tra Egitto, Antica Grecia e -forse – qualcosa che ricorda l’Antica Persia.

Qui l’incontro/scontro con l’erede al trono di Darraj, Harago (sì, si chiama come il cattivo dei Cinque Samurai, no non è brutto e antipatico come lui, aaanzi…) determina per la ragazza l’inizio di un’esperienza nuova persino per lei, forgiata da decine di missioni. Kim assiste alla fine di un’era, ad un cambiamento epocale che suo malgrado la vede prima ispiratrice e poi perno degli accadimenti, in un modo che lei stessa non avrebbe mai pensato: scambiata per la misericordiosa dea Pashupati, soave incarnazione di quanto di buono c’è al mondo, finisce al centro di uno scontro di poteri che coinvolge uomini e dei, con una casta sacerdotale agguerrita e terribile, gli intrighi di palazzo per tenere in scacco i regni alleati (che poi così tanto alleati non sono), ma soprattutto la faticosa lotta di una intera civiltà per progredire ed il titanico sforzo di un eroe che vuole per davvero il bene della sua gente.

Il primo pregio che troverete in questo libro è una costruzione ambientale minuziosa e affascinante. Darraj vive e respira nelle parole di Laura e sembra di attraversarne le strade, assaggiarne i sapori, odorarne i profumi approfondendone la conoscenza pagina dopo pagina. L’impianto del romanzo, che ricordiamo essere fantascientifico, sfuma nel fantasy mitologico. La mitologia, su cui la storia prende piede e si eleva, è molto ben congegnata: nelle divinità di Pashupati e Melmoth risuona un’eco di Ade e Persefone (forse voluta?) che l’autrice è stata in grado di farmi amare immensamente in Regina di Fiori e Radici, ma discreto spazio hanno anche il Leone Dorato, volto guerriero della dea, e poi il dio dei mari ed il Re dei Cieli… e senza voler spoilerare troppo vi dico che tutti, in un modo o nell’altro, mostreranno uno dei propri volti.

Il terzo pregio è la caratterizzazione dei personaggi: Kim non è la fanciulla perfetta, la damigella da salvare, la svenevole di turno. È una ragazza moderna che ama gli altri, detesta la violenza e fa abbondante uso di turpiloquio. E deve lottare con la propria empatia, che la porta ad affezionarsi e le rende difficoltoso il distacco necessario per interrompere la missione…naturalmente non c’entra nulla un certo Harago, un figo che non se ne vedono da qui ad Aldebaran di sicuro, ma anche coraggioso, generoso, intelligente, sensibile senza volerlo apparire e insomma un QUANDO TE RICAPITA scritto a caratteri cubitali tra le stelle. C’è una postilla, in realtà, e cioè che il ragazzuolo è leggermente maledetto ed ha dovuto seppellire sette mogli perché sembra che Melmoth ce l’abbia con lui per non essere diventato una vittima sacrificale grazie all’affetto e alla lungimiranza del re padre, ma insomma, nessuno è perfetto…no?

Attorno a loro si muovono una quantità di comprimari tutti profondamente delineati, tra i quali spiccano Aktia, un ragazzino che Kim ha salvato appena arrivata a Darraj, dotato del dono di vedere gli spiriti, che sarà determinante per la lotta finale contro le forze di Melmoth, e poi Kengha, l’Uomo Leone, un altro viaggiatore stellare ed unica speranza per Kim di tornare a casa. Ma non si possono dimenticare i fratelli di Harago, il sacerdote di Pashupati ed infine la grande antagonista del principe, la sacerdotessa di Melmoth che sembra ordire la più terribile delle trame, anche se forse non sempre l’orrore si trova dove è facile volgere lo sguardo.

Il quarto pregio è – ma questa non è una novità – lo stile di Laura, che ne fa ai miei occhi una delle scrittrici di maggior talento che conosca. Riesce a infiocchettare una descrizione vivida e piena di poesia, poi ti sorprende con una punta di humor, poi ti avvolge con la grandiosità di una battaglia o l’epicita’ di un racconto mitologico e poi ti affascina con un momento di introspezione, ti fa conoscere uno ad uno i suoi personaggi al punto che quando il libro si conclude…ti mancano.

Il quinto pregio è che c’è la storia d’amore, ma non è solo una storia d’amore. In ballo c’è qualcosa di più grande, un valore immenso che poi è la cifra della evoluzione umana: la non violenza, in un certo senso.

Il sesto pregio è il finale, che naturalmente non vi svelo, ma che per me è stato altamente soddisfacente, il punto in cui fantascienza e fantasy si fondono e i richiami attraverso tutto il libro trovano un certo compimento e spiegazione…senza dire tutto.

Il settimo pregio è…la capretta. Ma se vorrete sapere di più su di lei e sul cosiddetto uomo che lancia le capre dovete affrettarvi a fare la cosa più sensata. Procuratevi questo libro e godetevelo, date retta a una zitella, un sogno ad occhi aperti così non capita di frequente.

L’illustrazione in copertina è di Serena M. Marenco