E così, sono diventata una mamma.
Tutto è andato un po’ meno liscio di quanto il mio ottimismo mi avesse fatta sperare, ma ci sono tante varietà di coincidenze nella vita e forse sono incappata in una di queste.
Il giorno prima di avere la gioia più grande della mia vita, abbiamo perso quell’amico scodinzolante che per anni ci accoglieva a casa ogni sera. Quel”cucciolo di quindici anni” a cui speravamo di poter far vedere il bambino, affinché lo accompagnasse almeno per un po’ come aveva fatto con noi.
Non è stato possibile. Bubu era tanto malato e la decisione è dovuta essere così repentina ed inattesa che ancora la fatica a realizzare è tanta. Sono andata a salutarlo l’ultima volta con il cuore pesante, soprattutto per il mio compagno, perché so quanto era profondo il loro legame. E so che nessuno glielo restituirà.
Lego questi due eventi e non posso farne a meno, dopo vi dirò perché.
Poche ore dopo, mi sono partite le contrazioni.
Il travaglio vero e proprio è cominciato solo alle dieci del mattino.
Adesso, capisco perché nessuna ti dice com’è. Fioccano frasi tipo “Ce la puoi fare”, “Non è una passeggiata, ma…”, “Tanto scordi tutto”.
Ecco, io spero per le altre che per ognuna sia diverso, perché io ho avuto qualche complicazione e il dolore per me ha sfiorato il disumano. Nonostante il personale medico preparatissimo e un’ostetrica in particolare che ricorderò perché è meravigliosa (grazie Laura!!!) il mio bambino non riusciva a nascere da solo perché aveva il “classico” giro di cordone attorno al collo. E la paura di perderlo così è stato un qualcosa di pazzesco…ma poi all’ospedale hanno agito (e questo mi ha insegnato che COL CAVOLO che conviene partorire in casa) e tra le mie spinte e i loro strumenti eccolo tra le mie braccia…
E vi chiederete perché ho parlato prima del cagnolino che se ne è andato. Beh, perché mi sono convinta che se non fosse successo, forse, mio figlio sarebbe entrato in sofferenza prima che io me ne accorgessi e chissà se ora sarebbe qui con me.
Ma ora c’è. E dall’alto dei suoi SEI giorni di vita, mi sta già insegnando tante cose.
Dicevano che un figlio rompe gli equilibri e disgrega, ma io mi sento sempre più unita al Lui della nostra coppia. A loro, anzi. Il mio compagno è un papà meraviglioso, oltre le aspettative più rosee…non credevo fosse possibile amarlo più di prima, e invece.
Dicevano che il parto è un trauma che coinvolge fisicamente, ma soprattutto emotivamente. Ecco, questo mi sembra che sia del tutto vero. C’è un calo di ormoni da affrontare che non è affatto bello. Senti che dovresti essere alle stelle e invece piangi perché ti si è slacciata una scarpa. Poi, nel mio caso, zoppico per via del nervo sciatico, faccio fatica a muovermi per via dei punti, non mi sento più quella parte là e nemmeno il retrobottega. Per esempio avrei voluto che questo fosse un post estremamente gioioso e invece sto scivolando nella malinconia e non so perché visto che, tanto per cambiare dovrei baciarmi i gomiti da tanto che siamo stati fortunati.
Il mio bambino si chiama Riccardo, perché tutti i Riccardo incontrati nella mia vita sono persone d’oro. Se qualcuno se lo chiedesse…sì, gli abbiamo dato il doppio cognome. Ad oggi in Italia è niente più che un vezzo, però è bello che ci sia anche un po’ della mia famiglia nelle sue future firme ufficiali. Descrivere quanto si può amare un figlio appena nato è per me un’impresa che forse riuscirebbe a Neil Gaiman, o comunque a scrittori più blasonati di me. Il mio amore per lui non ha parole, non gli servono.
Mi ha fatto riscoprire quante persone care ho. Quante amicizie sono rimaste tali, nonostante lo scarso tempo dedicato loro. Ha fatto tornare persone dal passato, per guardare insieme al futuro. Ha fatto avvicinare persone nuove, felici di condividere la nostra gioia.
Oggi vedo tanta retorica sulla maternità, sia per un verso (santificazione della figura materna, come angelo dell’abnegazione) sia per l’altro (i figli come un peso,un ostacolo, qualcosa che – insomma – intralcia il proprio cammino). Ecco…qui sì che sarà diverso per ognuna. So che la maternità non è un destino biologico, né un qualcosa di irrinunciabile per essere completa. Io sono rimasta…io. Ma ora che c’è anche questo piccolino, mi sento in qualche modo un po’ di più.
PIU’ è la parola giusta.
PIU’ stanca. PIU’ preoccupata. PIU’ innamorata. PIU’ pronta a tutto per lui. PIU’ felice.
Ciao Bubu, grazie di tutto.(Qui con Gilda, la sua migliore amica)